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storia di una protesta

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mahanimj:
Ad ora questo è il sito che spiega meglio (attraverso i documenti) quello che è la storia di questo movimento che è stato denominato "no-Gelmini"
http://www.articolo21.info/4388/editoriale/le-diverse-ragioni-della-protesta-una-mappa.html

mahanimj:
Ho allegato a questa discussione alcuni documenti utili, visionateli (per chi ancora non li conoscesse) e se potete diffondeteli.
Grazie.

Dall'opuscolo d’informazione ostinata dei Collettivi di Scienze.

--- Quote ---La ministra Gelmini dichiara indispettita ai giornali di non capire le ragioni della protesta che sta dilagando in tutte le università italiane. Rilascia inoltre altre strane dichiarazioni, smentendo di continuo il proprio stesso operato (vedi articolo di m.m.).

Evidentemente il ministro:
a) si è appena risvegliata da un lungo coma a causa del quale si è persa almeno quattro mesi di attività politica (ma allora chi ha firmato leggi e decreti?)
b) non legge i decreti che firma: si fida ciecamente dei colleghi Brunetta e Tremonti che scrivono le leggi senza di lei
c) sta mentendo, e con una certa spudoratezza.

Lasciando che il lettore opti per l’ipotesi che gli pare più realistica, cogliamo l’occasione per rammentare al ministro i principali problemi degli atenei italiani, confrontandoli col contenuto dei provvedimenti contestati (raccolti nella legge 133 del 06/08/2008).
1. L’Italia è fra gli ultimi Paesi dell'O.C.S.E. per investimenti nel sistema
della ricerca (0.9% del PIL rispetto al 2% della media Europea, il 2,5% degli USA, il 3% del Giappone).
Ma ecco il brillante intervento del governo (art. 13), che riduce complessivamente il Fondo di Finanziamento Ordinario (insieme degli investimenti pubblici) di 1,444 miliardi in 5 anni (2009-2013):
- 63 milioni nel 2008
- 190 milioni nel 2010
- 316 milioni nel 2011
- 416 milioni nel 2012
- 455 milioni nel 2013
2. L'Italia ha il corpo docente più anziano d'Europa. Solo il 20% dei docenti ha meno di 40 anni (Francia 45%, Germania 55%) e più del 57% ha più di 50 anni (Germania 29%, Francia 39%).
Per abbassare l'età media il ministro ha pensato bene di decretare (art. 66-7 della 133) il blocco del turnover (ogni cinque docenti che andranno in pensione, ne potrà essere assunto soltanto uno) per gli anni 2010-2011. Ovviamente ciò causerà un ulteriore invecchiamento del corpo docente, oltre a rendere drammatico il fenomeno della fuga dei cervelli: molti studenti brillanti
che ambiscono a una carriera accademica saranno costretti a emigrare, vista la totale assenza di prospettive in patria.
3. In Italia manca qualunque sistema di incentivazione del merito e disincentivazione della negligenza, col risultato che i solerti e bravi non sono premiati e i pigri e mediocri non sono puniti.
Dev'essere per questo che i tagli degli anni prossimi ricadranno su tutte le università indifferentemente, a prescindere da qualsivoglia criterio di virtuosità finanziaria, impegno didattico, numero di pubblicazioni...

Che strano: non sembra che la legge 133 concorra in modo sostanziale alla soluzione dei problemi dell'Università pubblica; parrebbe anzi che l'obiettivo sia di aggravarli in modo irreparabile affossando definitivamente una struttura già pericolante.
Come svelare l'arcano? Forse basta dare un'occhiata all'articolo 16 della 133: vi si dice che le università potranno trasformarsi, con un banale voto a maggioranza semplice del Senato Accademico, in fondazioni di diritto privato (con immediato passaggio, a titolo gratuito, di tutti i loro beni e immobili
nelle mani delle fondazioni stesse). L'ipotesi di privatizzazione appare remota? Mettetevi nei panni di un Senato Accademico costretto a far fronte alla diminuzione continua dei fondi e all'impossibilità di assumere nuovo personale. Voi che cosa fareste?
Delle due l'una: o l'art.16 è finito nella legge per caso, oppure dietro a tutti i provvedimenti c'è un disegno organico, neanche troppo celato: quello di distruggere l'attuale sistema universitario pubblico per sostituirlo con un sistema a doppio canale. Da un lato le università di serie A, quelle oggi dette “di eccellenza” che, potendo contare su un adeguato finanzamento anche da parte di soggetti privati, potranno sottrarsi al controllo statale: saranno le università per i ricchi, cioè quelli che potranno far fronte all'inevitabile aumento delle rette (oggi nelle università private ammontano a più di 5000 euro annuali). Dall'altro quelle di serie B, che non potranno divenire private e andranno incontro a un progressivo e drammatico degrado a causa della completa mancanza di risorse.
Cara Ministra, questa prospettiva ci spaventa moltissimo.
--- End quote ---

mahanimj:
Vi propongo un interessante articolo che mi ha fatto riflettere e che spero aiuti anche voi a riflettere:
http://www.carta.org/campagne/beni+comuni/15643

Alcuni estratti:
"Non credo che i cortei di mezza giornata siano le modalità adatte per generare questo cambiamento.
Anzi, ci danno l’illusione che stiamo facendo qualcosa e si sostituiscono ad altre forme di lotta più continuative, efficaci e rischiose [ad esempio, azioni dirette nonviolente, orientate alla non collaborazione attiva e alla disobbedienza civile].
«Noi la crisi non la paghiamo!»: altro tormentone di questi giorni. Ineccepibile, se vogliamo dire che non siamo disposti a tagli indiscriminati, mentre altri ambiti vengono risparmiati o addirittura allattati dal denaro pubblico [banche, Alitalia, eserciti…].
Ma quella in cui versiamo non è una crisi finanziaria, è una catastrofe sistemica.
E come tale potrà avere effetti pedagogici di apprendimento e di cambiamento in quanto, e se e solo se, toccherà tutti, proprio tutti. E ci costringerà a rivedere i nostri stili di vita, i consumi, il nostro rapporto deviato con le tecnologie e le comodità, i modi di intendere il successo e la competizione, le attuali visioni di produzione ed efficienza applicate ai sistemi educativi, la nostra capacità o meno di cooperare in situazioni di stress…"

"Quanto all’università, che cos’è oggi? Un sistema castal-feudale, immobile e fossilizzato, che utilizza le riforme per non cambiare struttura di potere e per autoconservarsi nella sua essenza. Un castello kafkiano, inframmezzato da oasi e nicchie ecologiche, per chi le sa creare e le trova. Sì, perchè ci sono anche bravi ricercatori e docenti che studiano e insegnano con passione, studenti intelligenti e desiderosi di capire.
Ma, in quanto sistema, quello universitario rappresenta soprattutto un colossale spreco di risorse pubbliche, regolato simultaneamente dal mercato globalizzato e da localismi familisti e clientelari, che produce [anche grazie alle lauree triennali, grande idea del centrosinistra] masse di ignoranti laureati e disoccupati.
E mentre noi protestiamo contro le fondazioni, vediamo parte dei rettori in stile Aquis che lavorano per farsi da soli le università di qualità e di eccellenza.
No, davanti a cose come queste non ci si può limitare a urlare una tantum in piazza. I problemi, purtroppo, non ce li hanno creati Maria Stella e Tremonti, ma molti di quelli che oggi fanno i cortei al nostro fianco, senza aver cambiato nulla di quel che pensavano, sempre pronti a risalire sul carro dei vincenti di domani.
Il 30 ottobre ho scelto anche di continuare a non collaborare a questa ennesima mistificazione."

vanev:
Sono solo parzialmente d'accordo con quello che dice quest'uomo, mi infastidisce il fatto che critichi e che poi se ne stia a casa. Non abbia soluzioni, mi sembra più uno sfogo che un'analisi costruttiva, affrontata mettendo nel calderone migliaia di cose differenti.
D'accordo con il fatto che il problema non nasce con Maria Star e che il sistema scuola sia mal messo da tempo, ma è comunque stato un sistema capace di formare delle persone, altrimenti non ce ne sarebbero di bravi ricercatori italiani in Italia e nel mondo. La riforma attuale non si occupa della scuola, ma cerca di passare la "patata bollente" a qualcun'altro immerso in un capitalismo che io reputo violento, senza garanzie da parte dello stato.
Finchè ci sono delle falle nel sistema, queste si possono risolvere, ma quando il sistema viene venduto a qualcun'altro e svanisce la possibilità di cercare un modo di affrontare i problemi collettivo (almeno c'è sempre stata la speranza), allora sì che ci si incazza perchè si fa un passo ed è molto difficile tornare indietro su questo.
Non è che si può fare una protesta per tutto, la si fa quando tutto quello che è successo è troppo. Poi io credo che almeno Berlinguer, la Moratti avessero un'ideologia, avessero un pensiero scolastico, pur criticabile, ma un ragionamento. Qui, io non vedo un ragionamento.
Le cazzatine della 137 che cambino, non cambino, non è che me ne importi tanto. Infatti, quello è uno specchio per allodole.
La 133 è la vera riforma della scuola e che teoria soggiacente c'è? Offrire al commercio e ai meccanismi del libero mercato l'istruzione.

E' normale poi che tra i ragazzi ci sia quello che fa la protesta e aveva votato Berlusconi, non mi sembra un grande scoop. In ogni protesta c'è sempre stato chi ne "approfitta". E poi lui dice che i giovani ora fanno finta di proteggere la scuola, ma io credo che la proteggano davvero. Nessun giovane è mai felice di andare a scuola, ma poi quando finisce è triste, sconsolato e qui è un po' come quando finisce la scuola. Finchè si ha qualcosa ce ne si lamenta, quando ci tolgono quel poco che c'è e non si sa bene dove si andrà a finire allora gli atteggiamenti cambiano.
Con questa protesta, se fatta bene, si aiutano anche i giovani a formarsi un pensiero critico, se è una protesta fatta bene. E' sicuramente una tappa per la nipote 16enne, ma le tappe hanno una valenza.

E' vero che una protesta di mezza giornata non risolve le cose, infatti la protesta della mezza giornata è solo la punta dell'iceberg di qualcosa che avviene come processo..o almeno su questo bisognerebbe dirigere l'attenzione. Un processo che deve coinvolgere tutti, mentre per ora mi sembra che gli studenti siano abbastanza chiusi nel loro habitat, ma credo per questioni d'esigenza cioè coinvolgere quanti più studenti si possa, visto che ancora molti non sanno bene cosa sia in maniera dettagliata questa riforma e anche chi lo sa è difficile da coinvolgere, visto che da anni anche l'università è qualcosa di molto individualistico.
In ogni caso, bisognerebbe far girare di più le informazioni su ciò che si organizza anche all'esterno. Mi è capitato proprio oggi che degli amici, di quelli "grandi", già laureati e precari dicessero "Ma avete già finito la protesta?". Manca un giro d'informazione che arrivi all'esterno, ma secondo me c'è la possibilità che si diffonda. Passando i calendari, i blog su altre piattaforme più grandi.
Se manca la speranza nella protesta, allora che si fa? E' solo l'inizio. Altre possibilità di protesta ci sono ancora, per ora la strada è sempre stata quella del pacifismo (visto anche il governo che abbiamo), tra un po' chissà...

debora:
mi è parso che gli animi si stiano placando, che la rassegnazione stia invadendo gli spazi della protesta.
l'altro giorno al collettivo allargato Miceli ha detto che ormai non è più tempo di fare "informazione", ma che è tempo d'agire..
io non sono completamente d'accordo. I due progetti devono avanzare parallelamente, ci dev'essere un continuo coinvolgimento, ancora troppe persone sono disinteressate..
la protesta di piazza purtroppo non sortisce gli effetti sperati, sono convinta che le scelte d'azione di qst organizzazione siano più concrete, non anacronistiche..ma purtroppo solo gli studenti non possono fare tutto, c'è bisogno di maggior consenso.
si sta entrando in un momento di stasi perchè gli strumenti sono pochi e in effetti le istituzioni stesse non sanno bene come  agire.
parte del problema della 133 è il fatto di non essere una vera riforma perchè non si occupa di analizzare e risolvere le magagne dell'università, ma effettua tagli indiscriminati senza proporre altrenative o soluzioni..

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